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Biondi Morra di Morra De Sanctis

Il castello Biondi Morra fu fondato, con ogni probabilità, dai Longobardi nel IX sec., quando il Principato di Salerno si divise da quello di Benevento e lo fronteggiò con il Gastaldato di Conza, protetto dalle postazioni fortificate di Cairano, Andretta, Calitri ed appunto Morra. Le lotte intestine al regno longobardo e le incursioni dei Saraceni, oltre che le esigenze di maggior controllo del territorio, spinsero quindi alla costruzione del forte su questa altura, con il successivo incastellamento della popolazione per maggior sicurezza. Le prime notizie storiche sono del 1137: secondo il racconto di Pietro Diacono, il condottiero normanno Roberto Morra uscì dal suo castello per dare la caccia a Rainaldo di Montecassino. Il feudo ospitò uomini illustri: il papa Gregorio VIII (di origine morrese), il cardinale Pietro Morra, il Gran Maestro Giustiziere Arrigo e suo figlio Giacomo, che la vulgata riconosce come il famoso Giacomino Pugliese, poeta della corte di Federico II.
Nelle lotte dinastiche tra gli Angioini ed i Durazzeschi, il castello di Morra venne attaccato, e finì prima ai Giamvilla e poi ai Caracciolo. Con i nuovi proprietari iniziò un lento declino del feudo, e solo nel 1618, l’erede Marco Antonio Morra, regio consigliere e nipote della sfortunata poetessa Isabella Morra, ne organizzò il restauro. Nel ‘700 la famiglia abitava in ricchi palazzi a Napoli e Benevento, cosicché l’edificio ridiventa casa di vacanze, avendo perso ormai da tempo la sua caratteristica di difesa. In questo periodo fu ospite della casa anche il noto generale murattiano Carlo Antonio Manhès. Il maniero tornò ad essere abitato solo intorno al 1850, quando una serie di tracolli finanziari riportarono i Morra alla loro dimora d’origine. L’ultimo importante restauro risale al 1911, anno in cui, a causa di un incendio nell’ala nord, venne risistemato ed ampliato lo spiazzo antistante il castello nonché la via d’accesso alla scuderia.
Nel 1980 buona parte dell’edificio venne distrutta dal sisma, e cosi molte memorie, contenute al suo interno, andarono perse per sempre; solo nel 2009, conclusi i lavori di ricostruzione e di restauro, è stato restituito il castello all’antico splendore.
L’impianto e lo stile architettonico è seicentesco, chiaramente leggibile nello splendido portale all’ingresso. La muratura in pietrame e le due torri cilindriche, di stile normanno, fanno da guardia all’ingresso principale. Probabilmente il forte aveva una cinta muraria, di cui si riconoscono ancora alcune parti inglobate in strutture successive, e porte di passaggio nelle mura, che in parte potrebbero essere divenute la base del campanile. Nei recenti lavori di sterro, è stata messa in luce una porta in stile gotico. Il maniero è stato oggetto, nei secoli, di più rifacimenti seguiti a diverse sventure: tra le più terribili ricordiamo il saccheggio del XIV secolo ad opera delle truppe mercenarie tedesche del duca Luigi di Andegavia, calate in Irpinia per la guerra di Carlo III di Durazzo; nel 1695, il catastrofico terremoto che distrusse buona parte dell’Alta Irpinia; nel 1799, l’intervento delle truppe francesi e il devastante sisma del 1980.
Campeggia sul portone principale lo stemma dei Morra, suddiviso in tre aree distinte: a partire da sinistra, si riconosce il blasone originario dei Morra (due spade incrociate in mezzo a quattro stelle), a destra, quello della famiglia Epifanio di Benevento, al centro, invece, due tiare pontificie con relative chiavi incrociate, che si riferiscono ai due papi vicini alla famiglia Morra, Gregorio VIII (ovvero Alberto Morra, morto a Pisa nel 1187) e Vittore III (Desiderio Epifanio, abate di Montecassino, 1027-1087). Alla sinistra compaiono tre bisanti, monete coniate direttamente dalla famiglia in età medievale, simbolo del grande potere che questa casata e questo castello, per un certo periodo hanno rappresentato.

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